CASERTA. Dopo il caso dello stabilimento balneare sequestrato ad inizio agosto perché gestito da esponenti del clan dei Casalesi, di cui uno – Guido Zagaria – addirittura in carcere per una condanna definitiva per camorra, un’altra struttura ricettiva di Castel Volturno (Caserta) finisce nel mirino della magistratura e delle forze dell’ordine per lo stesso motivo, in quanto gestita proprio da un personaggio ritenuto contiguo al clan, condannato in appello per concorso esterno in camorra.
E’ in particolare l’area di un lido dove sono presenti un bar-ristorante, cui la Polizia di Stato, la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera hanno apposto su ordine della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere i sigilli per violazione dell’articolo 67 del codice antimafia, che vieta a persone condannate con sentenza definitiva o, sebbene non definitiva, confermata in grado di appello o raggiunte da misure di prevenzione di ottenere licenze o concessioni di beni demaniali.
Il sequestro disposto dalla Procura è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari. Dagli accertamenti realizzati dalla Squadra Mobile, dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria delle Fiamme Gialle e dalla Guardia Costiera di Castel Volturno è emerso che l’area bar-ristorante del lido era formalmente intestata ad una società facente capo ad una 24enne del napoletano, da tempo residente proprio nel comune del litorale domitio; ma gli investigatori hanno però scoperto che di fatto l’area era gestita dal papà della ragazza, un 57enne sempre originario del napoletano ritenuto contiguo ai Casalesi, come dimostra la condanna in secondo grado. Una volta appurata la presenza del 57enne come gestore, sono scattati i sigilli.
Era il 57enne Luigi Russo, condannato in appello per concorso esterno in camorra e ritenuto vicino al clan dei Casalesi, in particolare al gruppo bidognettiano capeggiato da Giuseppe Setola – capo dell’ala più sanguinaria condannato per la strage dei ghanesi avvenuta il 18 settembre del 2008 a Castel Volturno – il gestore di fatto dell’area bar-ristorante di uno stabilimento balneare, il Lido La Favorita situato nel comune del litorale casertano, sequestrata dal blitz congiunto di Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Guardia Costiera sulla base del decreto emesso dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere (Procuratore Pierpalo Bruni, pm Luisa Turco e Stefania Pontillo); sequestro poi convalidato dal gip.
Le indagini hanno accertato che nell’aprile scorso, il precedente titolare dello stabilimento, che peraltro era sottoposto alla sorveglianza speciale, aveva ceduto il ramo d’azienda relativo proprio all’area dello stabilimento dove si svolgeva attività di bar e ristorante alla società Alta Marea S.r.l. intestata ad Alessandra Russo, figlia di Luigi Russo. Una cessione nulla ab origine perché avvenuta senza alcuna autorizzazione del Comune di Castel Volturno, prevista per legge; è questa la prima grave illegittimità scoperta dalla Procura sammaritana e dagli investigatori delle varie forze dell’ordine coinvolte nell’inchiesta.
Nel prosieguo degli accertamenti, grazie soprattutto a dei sopralluoghi svolti sul lido, è poi emersa la seconda grave violazione di legge, ovvero che a gestire di fatto tutta l’attività del bar-ristorante fosse proprio Luigi Russo, papà di Alessandra, condannato in appello per reati di camorra e dunque impossibilitato a gestire un bene demaniale che necessita di apposita concessione comunale; era lui sempre presente al lido, e peraltro la stessa figlia Alessandra, nella Scia Unica presentata in via telematica al Comune nel maggio scorso, aveva dichiarato di non incorrere in alcuna ipotesi di decadenza e divieto, e indicato come “preposto” alla gestione proprio il padre Luigi, certificando il possesso da parte di quest’ultimo dei requisiti professionali richiesti dalla legge. Allegata alla Scia c’era poi la dichiarazione del 57enne Russo sul possesso da parte sua dei requisiti di onorabilità e sulla insussistenza di cause di decadenza; dichiarazioni non veritiere, vista la condanna in appello per concorso esterno.
Solo ad inizio settembre è stata poi presentata al Comune istanza di autorizzazione, ma l’ente locale non si è ancora espresso; intanto però è arrivata la magistratura.
