Caserta. Era il 21 maggio 1991, una data che ancora oggi risuona nelle menti di appassionati e tifosi come il giorno in cui una squadra del Sud Italia riuscì a scrivere una delle pagine più epiche della pallacanestro nazionale. Quel giorno, la Juvecaserta, orfana del suo bombardiere Oscar, ceduto per ragioni tecniche alla Fernet Branca Pavia, riuscì a conquistare il suo primo e unico scudetto, ad oggi ancora l’unico per una società di basket da Roma in giù, battendo in gara 5 di finale la temibile corazzata Olimpia Milano di Mike D’Antoni, in una finale che resterà per sempre nella memoria collettiva.
Guidata da Franco Marcelletti, la Juvecaserta si presentò a quella finale con un mix di talento, cuore e determinazione. Il capitano Nando Gentile, leader carismatico, trascinò i compagni con la sua classe e la sua grinta. Accanto a lui Sandro Dell’Agnello un guerriero instancabile in area e fuori, Enzino Esposito sfortunato e costretto a uscire per un grave infortunio ma rimasto a tifare sulla barella fuori campo, e gli americani Charles Shackleford e Tellis Frank, che portarono energia e fisicità in un roster compatto e determinato.
Dopo aver battuto Pesaro e Bologna ai quarti e in semifinale si arrivò alla finale in un’atmosfera di tensione palpabile, con Milano che sembrava imbattibile. La serie finì in perfetta parità, e Gara 5, la bella, si disputò il 21 maggio del 1991 al Forum di Assago, un’arena che avrebbe visto il suo nome scritto nella storia del basket italiano. Milano voleva il suo 25° scudetto a tutti i costi, anzi, era già sicura di averlo cucito sulle maglie, ma non aveva fatto i conti con la realtà: che Gentile, Esposito e Dell’Agnello non erano più dei giovani promettenti, ma dei campioni; e che Shackleford e Frank componevano forse una delle migliori coppie americane ex NBA mai viste in Italia, e che dopo 2 finali perse sempre con le Scarpette Rosse, la squadra della piccola Caserta non era più l’eterna outsider, aveva acquisito mentalità vincente. Malgrado la pressione del fattore campo a favore di Milano, l’infortunio di Enzino Esposito, e la rosa non lunga, la Juvecaserta seppe gestire la partita in modo brillante, conquistando la vittoria per 88 a 97.
Quella vittoria fu un’impresa, un vero e proprio miracolo sportivo. La squadra del Sud, spesso considerata sfavorita, riuscì a battere la corazzata milanese, simbolo di potenza economica e sportiva. La vittoria di Caserta rappresentò non solo un trionfo sportivo, ma anche un simbolo di orgoglio e di speranza per tutto il Mezzogiorno.
Cosa è rimasto oggi, a 34 anni di distanza? Da allora quella vittoria rimane impressa nella memoria collettiva come un esempio di determinazione e passione. La Juvecaserta non ha più ripetuto quell’impresa, ma lo scudetto del ’91 è diventato un simbolo di resilienza e di amore per il basket. La squadra e i suoi protagonisti sono ancora ricordati con ammirazione e affetto, e quella finale al Forum di Assago è considerata una delle più grandi imprese della storia dello sport italiano.
Tante le vicissitudini passate da allora: dai fallimenti, al PalaMaggiò abbandonato e poi svenduto o quasi regalato per 1 milione di euro a chi non sa cosa farsene, e il ritorno nel palazzetto “dove tutto ebbe inizio” prendendo in prestito una frase di Gennaro Mercogliano, il PalaPiccolo. Oggi la Caserta del basket continua a sognare, alimentando la speranza di rivivere quei momenti di gloria.
Tante le speranze riposte anche in Francesco Farinaro, presidente dell’attuale compagine bianconera, che, da solo, con cuore e determinazione ce la mette tutta, questa volta ripartendo da zero, dalla B Nazionale, cercando di ricreare quelle basi che 34 anni fa risultarono fondamentali per il raggiungimento dell’obbiettivo. Perché, come dimostrò quella squadra, con cuore e determinazione, nulla è impossibile.


